16 Ago Il governo crolla come Ponte Morandi
Il 14 agosto 2018, poco dopo mezzogiorno, il Ponte Morandi è crollato. I soccorritori erano al lavoro per localizzare ed estrarre i sopravvissuti e le vittime e, proprio nel mentre, è partito lo sciacallaggio del centrodestra e del centrosinistra. Con il ponte crolla anche il governo.
I primi pronti a togliere la concessione ad Autostrade per l’Italia Spa, a sparare contro l’amministrazione precedente, gli altri ad accusare il centrodestra di sciacallaggio, che è come cedere a una logica distorta, rinfrancandola alle sue basi e alimentandone le radici. Irriverenti e disgustosi Lega e M5s, stupide e altrettanto disgustose le opposizioni.
Siamo in balìa di governanti improvvisati e, anche chi alimenta la polemica facendo riferimento alla Gronda, una possibile alternativa viaria al Ponte Morandi, mette in evidenza senza scopo quello che in questo paese è evidente da tempo: tutti cercano di scaricare la colpa su qualcun altro.
Vero, nel 2016 il Movimento 5 stelle ligure aveva sostenuto che il ponte non fosse pericoloso come ricorda TgCom24, definendo gli allarmi e le preoccupazioni al pari di barzellette. Non spaventa né sorprende nessuno. Tutto il mondo è paese, prima succedono le catastrofi e poi vi si pone rimedio. Alle nostre latitudini la situazione è leggermente peggiore: prima succedono le catastrofi, poi ognuno scarica la colpa su qualcun altro e, infine, si corre ai ripari (o si cerca di farlo).
I vaccini, l’Ilva, le grandi opere (Tav e Tap), tutta roba che Lega e M5s non sanno come affrontare (e forse neppure capiscono) e restano lì, sul tavolo di qualche passacarte tardo prussiano, in attesa di puntare il dito contro qualcuno e nell’incapacità dolosa di prendere le misure con progetti e norme essenziali per i cittadini.
Quello che fa più scalpore (o che dovrebbe farlo) è la polemica stupida e offensiva lanciata dal vicepremier (e super-ministro) Luigi Di Maio, facendo da spalla al ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli. L’insegnamento che hanno tratto dalla tragedia di Genova è la necessità di revocare i mandati ad Autostrade per l’Italia Spa. Una decisione presa quando ancora i soccorritori non disperavano di trovare altri superstiti.
Autostrade, secondo Di Maio e Toninelli, avrebbe fatto male il proprio lavoro di manutenzione. Possibile e, stando ai fatti raccolti fino a oggi, persino probabile. Ma a chi tocca supervisionare il lavoro fatto dalle aziende che hanno appalti pubblici? Al governo e ai suoi dicasteri. Matteo Salvini tira persino in ballo l’Europa i cui vincoli finanziari avrebbero impedito un’ottimale manutenzione delle opere pubbliche, smentendo quindi Di Maio e Toninelli.
L’Europa, nel 2016, ha invitato l’Italia ad avere maggiore cura delle proprie infrastrutture senza contare la replica di Bruxelles diretta a Salvini in queste ore, ricordandogli che per l’Italia sono stati stanziati: “2,5 miliardi di euro nel periodo 2014-2020 in fondi strutturali e di investimento europei per infrastrutture di rete, come strade o ferrovie” .
In realtà, e questa è la parte focale che non deve essere dimenticata: se ad Autostrade per l’Italia Spa va revocato il mandato di manutenzione perché ha fatto male il suo lavoro, al governo va revocato il suo mandato perché ha svolto male il proprio compito di supervisione, controllo e correzione. Come al solito la cricca al governo ha sparato sulla folla: prima si verifica quali opportunità e quali modalità esistono per revocare il mandato a chicchessia, poi lo si annuncia. Non il contrario.
Autostrade, tra l’altro, è un’azienda che dà lavoro (ed è quotata in borsa). Farne crollare il titolo, mettere in forse posti di lavoro per poi (forse) scoprire che non è l’unica (o la prima) responsabile del disastro, è l’opposto di quello che dovrebbero fare i dirigenti di un Paese.