07 Dic La Svizzera capitale europea dei diritti violati
Quando si parla di Svizzera l’immaginazione vola alla valuta stabile e pregiata, al segreto bancario e ad altre amenità che comprendono orologi e cioccolato. La realtà è ben diversa, la Confederazione Elvetica è uno dei tanti paesi culturalmente divisi in cui anche la democrazia e lo stato di diritto conoscono diverse geometrie, fino a scomparire del tutto quando si parla di diritti umani. I media svizzeri danno poca enfasi ai gravi torti che vengono perpetrati dalle istituzioni, argomenti tabù che vengono trattati saltuariamente e in modo superficiale. Oggi, nel secondo decennio degli anni Duemila, ci sono profughi al contrario, quelli che dalla Svizzera fuggono. Sono cittadini che entrano nelle maglie delle Autorità Regionali di Protezione (ARP) che intervengono a tutela di quelle persone che vivono disagi.
Al contrario di quanto suggerisca il nome, non proteggono, nel migliore dei casi si limitano ad applicare le leggi del Codice civile svizzero e ignorano le disposizioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu) che pure la Confederazione ha ratificato oltre 40 anni fa, nel 1974.
Prima di comprendere meglio come operano queste istituzioni, è necessario fare un salto indietro a una delle pagine più vergognose non solo della Svizzera ma di tutti i paesi democratici.
A partire dal 1920 e, per quasi un ventennio, la Svizzera ha applicato una politica nota con il nome di “Verdingkinder”, in italiano letteralmente “bambini appaltati”. Erano i figli dei divorziati o di quei genitori che non conducevano uno stile di vita in linea con le attese borghesi della comunità, e che venivano sottratti dallo stato e messi all’asta, molte volte comprati da fattori che li facevano lavorare nei campi.
Finita quest’era barbara ne è iniziata un’altra, questa volta rinominata “Administrativ Versorgte”, (il sito esiste solo in lingua tedesca) e traducibile in “detenzione amministrativa”. Un periodo lungo 4 decenni durante il quale i ragazzi che male sopportavano le regole civili (quelli che oggi vengono chiamati “ragazzi difficili”) venivano incarcerati, condividendo le celle con criminali giudicati secondo le norme del codice penale, tra i quali persino assassini. Tutto ciò senza avere per forza commesso crimini. E per finire sul taccuino dei ragazzi difficili bastava una segnalazione di un insegnante, un medico o un operatore sociale.
Un modus operandi attuato sistematicamente fino al 1982, quindi 8 anni dopo avere ratificato la Convenzione dei diritti dell’uomo. Uno scempio che ancora oggi, ma ne parleremo in chiusura, non smette di presentare il conto sulle spalle della socialità e della comunità elvetiche. Durante tale periodo lo stato ha calpestato a piacimento i più elementari diritti umani. Due casi ampiamente documentati sono quelli di Ursula Biondi e Gina Rubell, entrambe carcerate per essere rimaste incinta senza essere sposate. La prima ha potuto vedere il figlio tre mesi dopo averlo messo al mondo, a Gina Rubell è andata decisamente peggio perché, per una serie di vicissitudini, ha visto suo figlio solo 44 anni dopo averlo partorito.
Le epoche non finiscono subito
In India le caste sono state abolite nel 1950 ma ancora oggi è un sistema radicato nella vita sociale, economica e politica degli indiani. La fine del comunismo non coincide esattamente con le rivoluzioni del 1989 che ne hanno messo in crisi le fondamenta e, esempio da non imitare mai più, per porre definitivamente fine allo schiavismo in America si è reso necessario l’intervento delle truppe federali, il 19 giugno del 1865, ovvero diversi anni dopo il proclama di emancipazione di Lincoln.
Così accade anche in Svizzera perché è vero che le reclusioni amministrative sono ufficialmente terminate nel 1982 ma il fenomeno non si è placato, ha solo cambiato volto per l’ennesima volta e ora è rappresentato dalle ARP, da parte dell’apparato sociale e da parte di quello sanitario.
Ancora oggi basta una segnalazione fatta da un medico o da un operatore sanitario per fare scattare la macchina amministrativa che annichilisce le persone e le spoglia di ogni diritto e di ogni dignità.
La Svizzera ha fatto il mea culpa solo nel 2010 quando l’allora ministro della Giustizia Eveline Widmer-Schlumpf ha chiesto ufficialmente scusa alle vittime, negando però la possibilità di risarcimenti.
Diritto à la carte
Le ARP diventano strumento di tortura a cui si rivolgono in gran numero le madri divorziate e il motore amministrativo si accende subito in loro tutela e a protezione dei minori, quando ce ne sono. Se la madre decide che l’ex marito non deve più avere contatti con i figli, le ARP arrivano a smettere di farsi domande ed eseguono. Se poi una delle persone che cade nelle maglie delle istituzioni ticinesi decide di non accettare in silenzio le decisioni, utilizzando i mezzi ricorsuali messi a disposizione dalla procedura giuridica, allora è la fine. Le ARP si spingono ad ignorare le prove e si basano su giudizi arbitrari che includono sempre la poca collaborazione del cittadino, adducendola a prova inconfutabile di pessima genitorialità, pessima integrazione sociale e, quasi sempre, sinonimo di malattia mentale.
I ticinesi sono tutti matti
La mossa più spettrale è quella della perizia psicologica a cui le ARP decidono di sottoporre i cittadini, soprattutto quando hanno a che fare con una persona che non obbedisce e non segue ciecamente le decisioni che hanno preso. Esistono perizie fatte senza test di rito, perizie fatte per telefono e perizie a cui qualche cittadino riesce a sottrarsi per anni. Questi referti medici sono vincolanti, così le ARP decidono liberamente di utilizzarle per privare i cittadini del loro diritto alla genitorialità o alla frequentazione dei propri partner, senza guardare in faccia all’età e allo stato di bisogno. Separano figli e genitori, mariti e mogli, coppie di anziani e, ovviamente, guai a protestare.
Chi protesta paga
Mai protestare. Mai. Soprattutto mai utilizzare le vie legali per ottenere soddisfazione. Si attiva un meccanismo di ritorsioni e di omertà. Gli organi di controllo a cui fare ricorso di norma avallano le decisioni prese dalle ARP o le correggono in minima e spesso ininfluente parte e, da quel momento, chi si è rivolto agli organi di giustizia superiori deve attendersi un inasprimento delle decisioni prese a suo discapito dalle ARP, che si danno un gran daffare per violare il diritto internazionale.
Fino al 2013 a vigilare sull’operato delle ARP (che si chiamavano Commissioni Tutorie Regionali, CTR) c’era l’Autorità di Vigilanza sulle Tutele (AVT) tra i cui compiti c’era anche quello di consigliare le ARP. Il cittadino colpito da una decisione senza senso e senza fondamento era tenuto a ricorrere a quell’organo che aveva consigliato la decisione stessa. Dal 2013 è cambiato l’organo di supervisione ma le persone che vi prestano servizio sono le stesse.
Il modello democratico svizzero
Nel 2013 il parlamento ticinese ha voluto cambiare l’assetto tutorio, rendendolo più professionale. I comuni che ospitano una delle 16 ARP dislocate sul territorio cantonale hanno lanciato un referendum, perdendolo. Non è cambiato nulla, il direttore del dipartimento delle Istituzioni del Cantone Ticino, Norman Gobbi, ha ignorato il volere popolare ascoltando solo le lagnanze dei comuni.
La PAS e le leggi
La sindrome di alienazione parentale (PAS) è la pratica secondo cui un genitore (alienante) scredita davanti ai figli la figura dell’altro genitore (alienato). Sono pochi i Cantoni elvetici in cui vengono applicate le norme imposte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ovvero un cambio dell’affidamento dei minori. In Ticino ciò, non solo non viene applicato, ma, stando a sentenze del tribunale d’appello, al minimo sospetto di PAS vanno interrotti i rapporti tra il genitore alienato e i figli, affinché il genitore alienante smetta di manipolarli.
Questa impreparazione di fondo è solo una delle tante disfunzioni delle ARP. Ci sono genitori che non vedono più i propri figli senza che ci sia un valido motivo, solo perché il genitore che ne detiene la custodia parentale ha deciso di interrompere ogni rapporto. Uomini e donne a cui lo stato toglie tutto senza un valido motivo e, quando vengono interpellate, le istituzioni si arrogano il diritto di non rispondere.
Il contraddittorio
Il codice civile prevede il contraddittorio. Il cittadino accusato può chiedere che il giudice lo ascolti e, stando alle leggi, questo deve convocarlo entro 10 giorni dalla richiesta. È una delle norme che la giustizia dimentica di applicare, negando il diritto al contraddittorio o disponendolo ben oltre i 10 giorni di rito, lasciando che intanto la procedura a cui il cittadino deve sottoporsi vada avanti e faccia il suo percorso.
Critiche e pazienza
La pessima fama della Svizzera esce anche dai patri confini e non riguarda solo il diritto di famiglia. Nel 2012 sono state mosse severe critiche alla Svizzera e il ministro elvetico Didier Burkhalter (da poco non più a capo del dipartimento federale degli Affari esteri) ha promesso che si sarebbe impegnato ma ha chiesto pazienza per non fare arrabbiare il popolo, già poco propenso a credere a quegli organismi internazionali che non risparmiano bacchettate alla Confederazione. Da quel momento non si sono registrati miglioramenti, al contrario le critiche hanno incluso anche le aziende ree, secondo gli organi che si occupano di diritti umani, di non tutelare le popolazioni dei paesi che forniscono materie prime al comparto dell’oreficeria.
Le vittime del sistema
Le istituzioni le deridono o le ignorano. L’unica eccezione riguarda proprio le vittime degli internamenti amministrativi che oggi pesano sulle spalle della comunità. Per lo più hanno problemi psicologici o di adattamento sociale e la Confederazione, che ha negato loro ogni forma di risarcimento, ha previsto un fondo per il loro sostegno medico-psicologico. La comunità paga il peso delle decisioni di un governo irresponsabile i cui danni arrivano fino ai giorni nostri. Inutile adire le vie legali, la magistratura sa già tutto. Ma tace.
Perché?
Sistema corrotto? Abusi perpetrati in cambio di favori, di denaro o di potere? A questa domanda non so rispondere.
So però che le istituzioni si avventano sui cittadini e non c’è la volontà politica e sociale di fermarle. Perché in Svizzera (e in Ticino) tutto funziona alla perfezione e nessuno si può (né si deve) lamentare.